
Colangelo Lidya

Intervista conoscitiva
Da piccola chi è stato il tuo “insegnante” di gentilezza?
Come insegni agli alunni la gentilezza?
Insegno la gentilezza attraverso l’esempio mio personale innanzitutto e raccontando come, nella storia e nella letteratura, sia stata sempre la gentilezza la protagonista, sia quando perseguita sia quando osteggiata e contraddetta.
Una parola gentile che usi sovente con i tuoi alunni?
La mia parola gentile è: “GRAZIE”, apre porte, abbatte muri, spiana strade.
Come può la gentilezza aiutare bambini e ragazzi a vivere la scuola più serenamente?
La gentilezza può aiutare a vivere una vita scolastica più serena perché crea un setting, un ambiente, uno scenario di tranquillità d’animo, in cui ciascuno è predisposto non a temere l’altro ma a vederlo come un compagno di viaggio nell’itinerario della conoscenza.
Quando un alunno sbaglia, come lo correggi con la gentilezza?
Correggere un alunno con la gentilezza vuol dire fargli capire che si cresce, si cade e ci si rialza; si rimprovera e ammonisce l’errore e non si penalizza un’intera vita per uno sbaglio. Correggere con la gentilezza insegna a imparare dai propri errori e ripartire. La punizione fine a se stessa, invece, abbatte, crea senso di sfiducia in se stessi e timore dell’insegnante che è visto più come un giudice che come un educatore.
Cosa significa per te essere costruttore di gentilezza?