
Gaeta Teresa
Intervista conoscitiva
Come alleni i giocatori alla gentilezza?
Io mi alleno con loro, ci salutiamo all’arrivo e all’uscita, propongo e non impongo giochi ed esercizi, acconsento ad una attività che loro preferiscono se me lo chiedono, li ascolto e gli dofiducia, esattamente come gesti tecnici ci vuole esercizio affinché venga acquisita e automatizzata.
Da piccolo chi è stato il tuo “allenatore” di gentilezza?
Mia nonna, era una persona che ascoltava tutti e faceva tutto con amore, il suo insegnamento più grade é stato “in tutto che fai mettici il cuore e tutto ciò che farai non sarà mai un errore.”
Una parola gentile che usi sovente con i tuoi giocatori?
Sono più di una benvenuta/o, bentornata/o quando rientrano dopo un’assenza, ciao, grazie, per favore.
Come può la gentilezza aiutare i bambini a vivere lo sport più serenamente?
Lo sport é una metafora della vita e gli obiettivi diventano tappe evolutive pertanto il nostro compito é quello di accompagnarli durante il raggiungimento degli stessi. Partire dalle cose semplici lasciandogli acquisire fiducia e sicurezza nelle loro capacità per arrivare a quelle più complesse. Talvolta facendo un passo indietro e ripartendo. Così il bambino che sarà l’adulto di domani sarà attore e non spettatore nella propria vita. La competizione non é mai contro, ma sempre con se stessi e poi qualcun altro. L’avversario non é mai un nemico ma qualcuno con il quale confrontarsi. La gara diventa un momento di valutazione e di confronto.
Quando un giocatore sbaglia, come lo correggi con la gentilezza?
La correzione non é mai un rimprovero quindi l’errore diventa un punto di partenza. E’ importante che siano loro ad autovalutarsi. Sposto la loro attenzione su cosa non ha funzionato é mancato e propongo di ripartire da quello per aggiustare o aggiungere qualcosa riassumendo lascio che si rialzi tendendogli la mano se dovesse avere bisogno.